Medico Internista
PROF. DOTT. FRANCESCO PEVERINI
Lo specialista in Medicina Interna o Internista
I medici di medicina interna sono specialisti che applicano conoscenze scientifiche e competenze cliniche alla diagnosi, al trattamento e all’assistenza degli adolescenti e degli adulti in tutto lo spettro dell’interesse medico, dallo stato di salute alle più complesse malattie.
Cosa significa per me la Medicina Interna
Gli Internisti sono medici specializzati in Medicina Interna, una disciplina finalizzata alla cura di adolescenti e adulti, che valorizza la pratica della migliore scienza medica disponibile nella cura dei pazienti, nel contesto di relazioni medico-paziente ponderate e significative e spesso di lunga durata.
Nei cinque anni di specializzazione in Medicina Interna, che seguono i sei del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, una buona parte della formazione è dedicata all’apprendimento di come prevenire, diagnosticare e trattare le malattie che colpiscono queste fasce di età.
Al termine della formazione, si è specialisti in Medicina Interna e si viene indicati con diversi termini, tra cui “Internisti” o “dottori di Medicina Interna”. A volte gli Internisti sono chiamati ad agire come consulenti per altri medici per aiutarli a risolvere enigmatici problemi diagnostici o terapeutici…
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L’Internista inizia a praticare la specializzazione dopo un completamento sul campo (alcuni anni dopo la fine della formazione di base in Medicina Interna). Un Internista è culturalmente attrezzato per gestire l’ampio e completo spettro di malattie che colpiscono adolescenti e adulti e viene riconosciuto come esperto nella diagnosi, nel trattamento delle malattie croniche e nella promozione della salute e nella prevenzione delle malattie; non si limita, inoltre, a un solo tipo di problema medico o ad uno specifico sistema di organi come altri specialisti. L’Internista affronta qualsiasi problema che un paziente manifesti, non importa quanto comune o raro, o quanto semplice o complesso. E’ appositamente formato per risolvere enigmatici quesiti diagnostici e può gestire gravi ed articolate malattie croniche o situazioni in cui diverse malattie possono colpire contemporaneamente un individuo.
Gli internisti sono a volte indicati come i “medici dei dottori” perché sono spesso chiamati ad agire come consulenti di altri medici per aiutare a risolvere enigmatici problemi diagnostici.
La formazione di un internista lo qualifica in modo univoco per attuare cure primarie e seguire pazienti per tutta la durata della loro vita da adulti e stabilire relazioni personali lunghe e gratificanti con i loro pazienti. Alcuni internisti concentrano la loro pratica clinica sulla cura dei pazienti in ambito di ricovero (pubblico o privato). Altri combinano questi aspetti dell’assistenza con quella ambulatoriale o domiciliare. Altri ancora possono esercitare in contesti specifici come centri di riabilitazione e strutture di assistenza a lungo termine.
In generale, un Internista dedica una buona parte del suo tempo alla formazione continua nella pratica medica, all’insegnamento o alla ricerca, con pubblicazione di articoli scientifici e formazione avanzata.
In definitiva, il tuo Internista si preoccupa di fornire assistenza sanitaria di alta qualità.
Medicina Interna e Medicina Generale o di base.
A volte c’è confusione
L’internista non è un medico di base o un medico di famiglia, anche se spesso gli internisti scelgono di esercitare in questo altrettanto vasto settore della medicina.
L’Internista non esercita la chirurgia generale, l’ostetricia o la pediatria. Ma è dotato delle necessarie conoscenze per affrontare una moltitudine di patologie – dal comune raffreddore ad una infinità di malattie complesse e rare, non importa quanto esse siano semplici o complicate.
In generale, l’Internista è particolarmente addestrato a risolvere imprevisti ed articolati problemi diagnostici ed è in grado di gestire malattie croniche e situazioni in cui diverse malattie possono colpire un individuo contemporaneamente.
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Sebbene gli Internisti possano fungere da Medici di base, non sono medici di Medicina Generale o come si definivano in passato “Medici di famiglia”, la cui formazione è sostanzialmente diversa.
Questa è forse una delle situazioni che crea maggiore confusione, sia negli studenti che nei pazienti. Tuttavia, esistono differenze fondamentali nelle attività formative e di cura del paziente tra queste due specializzazioni…
La Medicina Interna e la Medicina Generale si sono sviluppate in contesti molto diversi.
La Medicina Interna è nata dalla progressiva applicazione delle conoscenze scientifiche nella pratica medica a partire dalla fine del 1800 (in Italia già nel 1839 con la separazione dalla chirurgia generale). Questo approccio scientifico alla medicina era unico e nel tempo è stato applicato all’ampio spettro di malattie che colpiscono comunemente gli adulti. Con la crescita e lo sviluppo della pediatria come specialità separata dedicata alla cura dei bambini nei primi anni del 1900, la Medicina Interna ha continuato a concentrarsi principalmente sui pazienti adulti.
Nel caso ve lo stiate chiedendo, il termine ” Medicina Interna ” deriva dal termine tedesco Innere Medizin, una disciplina popolare in Germania alla fine del 1800 per descrivere i medici che hanno unito la scienza del laboratorio con la cura dei pazienti. Molti medici americani del 20esimo secolo hanno studiato medicina in Germania e hanno portato queste conoscenze negli Stati Uniti. Così, è stato adottato il nome di ” Medicina Interna”.
La Medicina Generale (di famiglia) è nata in risposta al crescente livello di specializzazione in medicina, visto come sempre più minaccioso per il primato della relazione medico-paziente e per la continuità delle cure. Concettualmente, la Medicina Generale è costruita attorno a un’unità sociale (la famiglia o una comunità di pazienti), e non in relazione ad una specifica popolazione di pazienti (ad esempio solo adulti o bambini o donne) o correlata ad uno specifico sistema di organi (ad esempio l’otorinolaringoiatria o l’urologia) oppure legata alla natura di un intervento medico (ad esempio di natura chirurgica). Di conseguenza, i Medici di Medicina Generale vengono formati con l’intento di essere in grado di affrontare l’intero spettro di problemi medici che potrebbero essere incontrati dai membri di un’unità familiare o di una comunità.
Molta confusione probabilmente deriva dal fatto che la maggior parte dei pazienti visti dai Medici di Medicina Generale è costituita da soggetti adulti, sovrapponendosi così alla popolazione di pazienti focalizzata dall’Internista. Un Medico di Medicina Generale potrebbe vedere dal 10% al 15% di adolescenti (i bambini sono seguiti dal pediatra di famiglia), il che significa che dall’85% al 90% dei pazienti saranno adulti, la stessa popolazione vista dagli internisti. Inoltre, i medici di famiglia non includono più nella loro pratica clinica l’ostetricia, la neonatologia o gli interventi chirurgici, il che rende le cure fornite agli adulti simili a quelle fornite dagli Internisti.
Questi fattori rendono facile comprendere come le differenze tra Medicina Interna e Medicina di famiglia possano non essere facilmente intuibili.
La formazione dell’Internista si orienta inevitabilmente su condizioni mediche comuni, ma include necessariamente un’esperienza significativa in ciascuna delle sottospecialità della Medicina Interna come la cardiologia, la pneumologia, l’endocrinologia e la diabetologia, l’epatologia, la reumatologia, le malattie infettive e la neurologia. Gli internisti devono inoltre acquisire adeguata esperienza in psichiatria, dermatologia, oftalmologia, ginecologia, otorinolaringoiatria, ortopedia, ematologia e oncologia con la medicina palliativa, gastroenterologia, medicina del sonno, nefrologia, geriatria e medicina riabilitativa per prendersi cura in modo completo di un soggetto adulto. La formazione in Medicina Interna deve avvenire anche in regime ambulatoriale con esperienza clinica di rapporti terapeutici a lungo termine.
Oltre a questa esperienza clinica, l’Internista cura i pazienti ospedalizzati, con esperienze in contesti di terapia intensiva e di pronto soccorso. La maggior parte dei programmi di formazione richiede ancora molto altro, come il lavoro ospedaliero (spesso da volontari) al termine dei corsi di specializzazione ufficiali.
La casistica del Prof. Francesco Peverini riguarda i pazienti visitati e ricoverati nel corso di oltre 30 anni di professione da specialista.
Così come un chirurgo esprime la propria capacità in base alla tipologia ed al numero degli interventi eseguiti, credo che anche un medico possa dichiarare le diagnosi eseguite e le terapie realizzate nel corso della propria attività professionale, riferendole ovviamente ad un numero ampio di situazioni affrontate.
Perché un paziente dovrebbe scegliere
un internista come curante
La gran parte di ciò che i Medici sanno è insegnata loro dai malati (Marcel Proust)
Nella pratica clinica, preferisco da sempre adottare un approccio “olistico” alle problematiche presentate dai pazienti. Nonostante l’uso inflazionato e fuorviante che è stato fatto negli ultimi anni del termine “olistico” (da olos = tutto), questa resta la definizione più appropriata per definire un approccio globale alla salute del paziente, ed è parte integrante della metodologia clinica Internistica.
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La diagnosi deve quindi affidarsi ad un metodo, il ragionamento clinico ipotetico-deduttivo, che sulla base di una ipotesi culturalmente forte e credibile, permette di giungere all’ipotesi diagnostica e di verificarla con un veloce ma produttivo processo mentale associata alla selezione di mirati accertamenti diagnostici, in modo da evitare un numero eccessivo di indagini come troppo spesso si può osservare nella pratica clinica (talora del tutto inutili allo scopo) che porterebbero, oltre che ad una notevole spesa economica, anche a ritardo nell’inizio dell’opportuno trattamento terapeutico.
Questo metodo permette anche di evitare di interpretare i sintomi e la storia clinica presentati da un paziente (o talora illustrati da familiari o da precedenti curanti), come influente opinione nella ricerca della diagnosi. Non raramente, infatti, una sintomatologia che appare essere univoca (ad esempio l’insonnia) potrebbe essere interpretata come l’unica causa del disturbo presentato dal paziente e condurre rapidamente ad una scelta terapeutica, mentre in realtà può nascondere un disturbo del tutto differente, di altra origine (ad esempio una disfunzione tiroidea). Si spiegano così facilmente alcuni fallimenti totali o parziali dell’azione terapeutica in risposta ai sintomi e non al ragionamento clinico.
I miei pazienti troveranno sempre in me la ferma convinzione a cercare prima la diagnosi e poi la terapia e non viceversa.
Francesco Peverini